Il testo denunzia la progressiva estinzione di valori, un tempo considerati colonne portanti della società
Lucia Lucente

Giorno 27 Novembre, nella sala Convegni, Palazzo Romei, Francesco Loria ha presentato il suo nuovo libro: “Giacomo l’ eremita”.
A moderare, il nostro direttore Antonio Mancina.
Vi sono romanzi, che non si limitano a raccontare, ma si offrono come specchi incrinati: riflettono il mondo, mentre lo deformano, rivelando, nelle loro fratture, la ferita profonda del nostro tempo.
Il libro, che ripercorre l’ iter di Giacomo, appartiene a questa cerchia rara ed eletta. Da un lato restituisce, con una trasparenza quasi ieratica, l’itinerario di un uomo semplice, seppur avvolto dal mistero; dall’altro mormora una verità tagliente, che grava come un presagio su una modernità, ormai smarrita.
Il protagonista, Giacomo, è un’ anima errabonda, che si ferma, per un istante, presso Santa Rania, luogo, che pare essere fuori dal tempo, quasi una clausura agreste, dove il mondo procede con lentezza esasperante. Qui egli incontra un gruppo di giovani, ancora puri, di quella purezza, che l’età adulta dissolve e a loro narra le sue vicende di strada e di solitudine. Essi “ascoltano “, miracolo, nell’epoca in cui l’ascolto è diventato un’arte perduta e nei loro occhi s’accende, fugace, lo stupore di fronte a una rivelazione: una voce misteriosa, forse divina, annuncia a Giacomo un futuro avvelenato da guerre, epidemie, miserie, tutte figlie dell’allontanamento dell’umanità dalla via del Bene.
La denuncia di Giacomo non è l’urlo fanatico di chi giudica, ma il lamento sommesso di chi osserva. Egli vede ciò che noi, immersi nel nostro individualismo, fingiamo di non vedere e, cioè, la progressiva estinzione di valori, un tempo considerati colonne portanti della civiltà: la condivisione, la pace, l’amore, il rispetto, ora ridotti a reliquie museali, adorate nelle parole, ma sacrificate nei fatti.
La scelta del protagonista di ritirarsi tra i boschi della Sila, in un eremitaggio, che sa di ascetica rinascita, è insieme atto di testimonianza e di resa. Testimonianza, perché egli incarna il rifiuto netto, irrevocabile, di un ordine sociale, in cui l’odio si maschera da forza, l’egoismo da libertà, la sopraffazione da progresso. Resa, perché la sua fuga è anche la confessione — e qui il romanzo si fa dolorosamente attuale — che la società contemporanea ha abdicato a sé stessa, rinunciando alla propria anima per inutili idolatrie.
Il suo viaggio termina a Pisani, nel cuore di una Calabria antica e selvaggia, dove la natura offre l’ultimo abbraccio prima della morte, avvenuta nel 1976. Più che un epilogo, la morte di Giacomo appare come un sigillo, un’eco che continua a vibrare. Egli rappresenta l’ultimo viandante sacro, l’ultimo custode di una sapienza, che la modernità ha gettato via come un fardello scomodo.
Il romanzo, pur intrecciando fatti reali e invenzione narrativa, non perde mai la sua solennità. Esso si erge come una parabola per il presente, un richiamo quasi liturgico a una riflessione urgente e non più rimandabile. La prosa, a tratti, sfiora il lirismo di un’antica laude medioevale e invita il lettore, non soltanto a seguire Giacomo nelle sue peregrinazioni, ma anche a interrogare la propria interiorità.
Se vi è una mancanza nel libro, essa non concerne la narrazione, che scorre come acqua di sorgente, ma il mondo stesso: quel mondo che Giacomo abbandona e che noi, lettori moderni, continuiamo ad abitare senza la sua stessa lucidità. La società odierna, benché traboccante di strumenti, mezzi, comfort e promesse digitali, vacilla proprio là dove dovrebbe essere più saldo il suo fondamento: nell’etica, nella compassione, nella capacità di riconoscere nell’altro, non un avversario, ma un altro noi stessi.

In definitiva, l’opera non si limita a raccontare una storia; essa la incide, come uno scalpello sulla pietra, perché il lettore non dimentichi ciò che stiamo smarrendo. È un libro, che ci ammonisce che, senza valori, la civiltà è un guscio vuoto e che solo un ritorno alla”
pietas”, alla solidarietà, all’umiltà del cuore potrà evitare che la triste profezia di Giacomo divenga triste realtà futura.