Un individuo adulto maschio di Stiaccino in Sila Grande - foto Gianluca Congi ©

Un individuo adulto maschio di Stiaccino in Sila Grande – foto Gianluca Congi ©

La Sila è un maestoso acrocoro a forma di quadrilatero, tra i più vasti altipiani d’Europa, presenta, un’alta variabilità di ambienti, anche intersecati tra di loro, spesso sfuggenti all’occhio poco attento. L’elemento forestale è certamente il principale rappresentante di questi ambienti, dove regna incontrastato il Pino laricio calabrese o silano, che trova proprio su questi monti, la sua massima esplosione in termini di superficie e bellezza (con oltre 40.000 ettari in popolamenti puri e misti ad altre essenze, secondo le esposizioni e altitudini). Altre importanti formazioni boschive, sono rappresentate dal Faggio, dall’Abete bianco e nelle zone più basse, dal Castagno e da varie specie quercine, tra cui spicca il Cerro, la Roverella e il Farnetto, quest’ultimo specie sulla Sila Greca. L’antica selva bruzia però, non è solo foresta e basta, in essa, come anticipavamo, sono presenti anche altri importanti habitat, tipo le praterie d’alta quota, che interrompono la continuità del bosco, anche per centinaia di ettari in alcuni casi, con ampie valli, spesso ricche di acque superficiali. Non meno importanti, sono pure i vasti pascoli e gli incolti, delle quote più basse, che conservano in più zone, un certo grado di naturalità, tale da consentire un certo equilibrio, alle varie specie animali e vegetali, nonostante l’invasione umana, sia ormai penetrata, fin dentro il cuore di questi splendidi scenari naturali. In questo ricco contesto, pullulato da interminabili boschi e da splendidi pianori, troviamo una delle più ricche comunità ornitiche (uccelli) dell’intero Appennino italiano. La diversità biologica, rappresentata dalle decine di specie di uccelli nidificanti nella Sila, specie in quella porzione della Sila Grande, pone in essere un grande bisogno di conservazione e gestione più oculata, degli ambienti naturali qui presenti, poiché dal loro depauperamento o dalla loro distruzione, ne deriva un diretto impatto sulle specie, soprattutto quelle più vulnerabili e sensibili alle trasformazioni degli habitat. In alcune zone ricche di uccelli anche rari, alle citate minacce, si aggiunge un’eccessiva pressione venatoria, oltre al solito insidioso fenomeno del bracconaggio, che negli ultimissimi anni, in Sila, è stato notevolmente combattuto da parte della Polizia Provinciale. La Sila non è solo il cuore dell’Appennino calabro ma è un paradosso paesaggistico al centro del Mediterraneo, con monti che sfiorano i 2.000 metri, da dove, è possibile ammirare uno scenario mozzafiato, con lo sguardo sopra l’azzurro mare dello Jonio e del Tirreno. L’Altopiano silano si pone come limite più meridionale d’Europa, per quanto concerne la distribuzione di alcune specie di uccelli, che qui si trovano, confinati in relitte popolazioni, per lo più isolate dal resto delle aree di maggiore diffusione, sia del Paese sia dell’Europa. Se nel periodo migratorio, molte specie, anche abbastanza rare, passano e sostano, tante altre, qui si fermano per nidificare. Parecchie, invece, sono sedentarie, pur se in alcuni casi, possono compiere brevi spostamenti, soprattutto nella stagione più fredda o in funzione della disponibilità alimentare. In questo lembo dell’estremo Mezzogiorno e nell’Appennino meridionale, gli uccelli, specie in passato, non sono stati studiati abbastanza, come avvenuto ad esempio, per il resto dell’Appennino o delle Alpi. Un quadro più esaustivo, si è cominciato ad averlo, negli ultimissimi decenni, grazie anche ad alcuni studiosi che si sono spesi in tal senso (Moltoni, Cortone, Mingozzi e altri). Recenti rilievi, oltre a confermare l’abbondanza delle diverse specie di pennuti per la Sila, pongono altresì dubbi, sulla presenza di alcuni volatili o ne evidenziano una rilevante riduzione per altri, tutto ciò rispetto ai dati del passato. Personalmente, credo, che oltre la bravura di chi va a indagare sul campo, condizione indispensabile per eseguire una veritiera indagine ornitologica, sia strettamente indispensabile, allo stesso identico modo, una profonda e dettagliata conoscenza dei luoghi, molti dei quali, occorre spesso monitorarli in continuazione e in più giorni, per avere, dati ritenuti accettabili, sulla reale presenza e nidificazione di alcune specie piuttosto che di altre, spesso ritenute addirittura scomparse. Sulla Sila Grande, che è la più estesa e variegata porzione del massiccio silano, alla luce di tutto il ragionamento fatto, si può meglio inquadrare la presenza di due specie rare come nidificanti, in altre parole, il Lucherino (Carduelis spinus) e lo Stiaccino (Saxicola rubetra). Entrambi uccelli, fanno parte dell’ordine dei Passeriformes, ma appartengono a famiglie diverse, il Lucherino ai Fringillidae e lo Stiaccino ai Muscicapidae. Il Lucherino è un piccolo uccello granivoro, tipicamente legato alle foreste di conifere; d’inverno, nella nostra penisola, specialmente in delle annate, assistiamo a delle vere e proprie invasioni, con migliaia e migliaia d’individui che giungono dal resto dell’Europa. Che io ricordi, negli ultimi vent’anni, la stagione invernale 2015/2016 appena passata, probabilmente, ha rappresentato il record di queste invasioni, per quanto concerne la Sila. Seguendo attentamente, la presenza del Lucherino, registrata nel resto dell’Italia per tutto l’inverno 2015/2016, nel mese di marzo scorso, ho avuto la fortuna di registrare la maggior concentrazione segnalata per il Paese. In un unico avvistamento, sono stati scrutati oltre un migliaio d’individui presenti nel territorio del comune di San Giovanni in Fiore. In anni passati, invece, anche nella stagione invernale, pochi individui svernanti, hanno raggiunto la Sila. Da evidenziare, che tutta la scorsa stagione invernale, non è stata né particolarmente fredda né particolarmente nevosa, pur se, proprio alla fine dell’inverno, dal primo di marzo alla metà del mese è caduta la neve soprattutto sopra i 1300-1400 metri. La specie in questione, non ha solo evidenti fluttuazioni invernali, in quanto, anche nel periodo riproduttivo, ad esempio, le coppie che nidificano e vivono sedentarie, risentono degli andamenti meteoclimatici, che interferiscono soprattutto con la fioritura delle conifere. Pure i tagli boschivi scriteriati, nelle zone dove solitamente nidifica già con pochissimi esemplari, rappresentano una seria minaccia. I fattori poc’anzi elencati, ormai consolidati da più autori, possono influenzare molto negativamente la nidificazione del Lucherino, specie nell’area appenninica, dove è ben più raro che nelle Alpi. In Sila Grande, possiamo affermare tranquillamente, che le diverse coppie di Lucherino nidificante, che seguo ormai da moltissimi anni, siano dipendenti essenzialmente dal Pino laricio, pur se le stesse, nel periodo riproduttivo, sono state osservate nutrirsi anche sugli Abeti bianchi e in alcuni casi, ho potuto accertarne una nidificazione su un piccolo gruppo di conifere della specie Abete rosso, impiantate artificialmente circa 40 anni fa. Nel caso di specie, gli abeti rossi, fornivano sia un’ottima base di nutrimento (tramite l’abbondanza di semi oleosi contenuti negli strobili) sia, consentivano allo stesso modo di giovare delle fitte fronde dove sistemare il nido, a una quota poco sopra i 1300 metri sul livello del mare. L’Abete rosso, specie nell’arco alpino dove il Lucherino è più abbondante come nidificante, è sicuramente la specie arborea più importante per questo fringillide. Pochi anni addietro, a circa 950 metri di quota, nel mese di giugno-luglio, ho avuto modo di accertare una nidificazione nei dintorni di San Giovanni in Fiore, non più riscontrata negli anni successivi, nonostante gli sforzi estesi anche alle aree limitrofe. Questa nidificazione è quella alla quota meno elevata, che ho notato, almeno sulla Sila e probabilmente anche nel resto dell’Appennino Calabro (dove la specie è segnalata pur se molto rara, per il Pollino, le Serre e l’Aspromonte). Dalle osservazioni e dalle ricerche fatte nel tempo, certamente, nel periodo riproduttivo, vi sono annate dove la specie è stata contattata, molto più facilmente che rispetto ad altre, tenendo conto che, spesso, anche in maggio, sono stati osservati individui che probabilmente non erano appartenenti alla popolazione nidificante. Verosimilmente, nel periodo compreso, tra metà aprile e metà maggio, in più occasioni, mi è capitato di assistere a diversi comportamenti nuziali e territoriali (inseguimenti e lotte tra maschi, richiami territoriali, scambio di nutrimenti tra maschio e femmina adulti) concretizzati, dall’osservare in seguito, sia accoppiamenti sia operazioni per la realizzazione del nido. A metà giugno, sui 1500 metri di quota, in alcuni siti, i giovani erano già autonomi e in grado di volare a lunghe distanze. In altre occasioni, i giovani da poco involati dal nido, sono stati osservati verso la fine di maggio. Il Lucherino in Sila, nidifica regolarmente e con diverse coppie, in più settori del comprensorio, con particolare riferimento alla Sila cosentina, tuttavia, l’ho trovato nidificante anche sulla Sila crotonese e catanzarese, seppur con numeri molto più ridotti che rispetto alla Sila Grande. I nidi, sono stati rinvenuti sia in prossimità d’importanti corsi d’acqua sia in aree più secche, dai circa 900 metri (caso di San Giovanni in Fiore) ai circa 1600 metri di quota (nei comuni di Longobucco, Spezzano della Sila, Spezzano Piccolo, Serra Pedace e San Giovanni in Fiore), con una preferenza altitudinale a partire dai 1300-1400 metri. Il trapezista dei boschi, dal canto soave e sereno, vero acrobata sui rami, visibile specie sugli ontani neri, quando a testa in giù, d’inverno, si nutre dei suoi semi, trova sull’Altopiano silano uno dei nuclei riproduttivi più importanti dell’intero Appennino italiano, dove comunque è un nidificante non comune. Con alcune decine di coppie che nidificano regolarmente, nonostante l’isolamento geografico dai principali siti riproduttivi, i lucherini silani sono ancora presenti su queste profonde montagne. L’altra specie di grande interesse è legata invece agli spazi aperti e con il bosco non condivide quasi niente. Lo Stiaccino è anch’esso un piccolo uccello, è un insettivoro, simile al più comune Saltimpalo, da cui differisce soprattutto per la presenza dell’ampio sopracciglio chiaro ed è un migratore transahariano di lunga distanza, che sverna nell’Africa tropicale. Come il Lucherino, anche lo Stiaccino presenta un chiaro morfismo sessuale, infatti, i maschi adulti differiscono dalle femmine. Lo Staccino è nidificante nelle aree montane della penisola con il limite più meridionale, situato proprio sulla Calabria, di fatti non è presente né in Sicilia né in Sardegna. Sull’estremo lembo appenninico calabrese, in Sila, trova certamente il migliore habitat riproduttivo. Indiscutibilmente, in accordo con diversi autori (Sorace A., 2008), la specie, anche sulla Sila, ha subito una contrazione negli ultimi decenni; quest’uccello, oltre a risentire di molti fattori antropici, potrebbe addirittura scomparire per sempre, alla fine del secolo, dagli ambienti mediterranei e quindi dagli appennini (Huntley et. al. 2007). In sedici anni di monitoraggi mirati a ricercarlo, in tutti gli habitat potenzialmente idonei alla specie, presenti sulla Sila, ho trovato da circa cinque anni a questa parte, un luogo, dove in un fazzoletto di terra nidificano diverse coppie (almeno 4 accertate nella stagione riproduttiva passata), con valori certamente molto alti, per quanto concerne la nidificazione della specie nell’Appennino centro-meridionale. In questa zona, dove sono concentrate la metà di tutte le coppie che conosco sulla Sila, la specie è minacciata da più fattori, altresì è il sito di nidificazione più importante, oltre che quello altimetricamente più basso, e si trova intorno ai 1100 metri di quota. La specie, comunque, nidifica con certezza in almeno altri tre-quattro comprensori, situati tra i 1300 e i 1500 metri e fortunatamente tutti compresi nel Parco Nazionale della Sila e nella ZPS “Sila Grande”. Riportando delle osservazioni sulla specie nidificante in Sila, nei primi giorni di luglio, sono stati osservati entrambi genitori, in più annate e occasioni, alimentare con insetti i giovani già volati dal nido e presenti ancora nelle zone circostanti. In tutti i monitoraggi condotti sulle coppie nidificanti silane, queste hanno visto l’involo dei giovani sempre dopo la metà di giugno – inizi luglio. Purtroppo, come detto, la specie è molto rara come nidificante, di fatti, personalmente, sono a conoscenza di non oltre 7-8 coppie certe, situate tutte in ampie praterie e vasti pascoli alternati a coltivazioni in un caso. I maggiori flussi migratori della specie sulla Sila, si osservano tra fine aprile e inizi maggio e tra fine agosto e inizi settembre. Il miglior intervento umano, per la conservazione del Lucherino e dello Stiaccino in Sila, degli ambienti dove questi vivono e, di tantissime altre importanti specie rare e comuni è stato senza alcuna ombra di dubbio, l’istituzione del Parco Nazionale della Sila, che sorto sulle ceneri del vecchio Parco della Calabria, ha ricompreso nel suo perimetro, importantissimi ambienti naturali, vari e complessi, in passato, oggetto di varie forme persecutorie, specie ai danni della preziosa fauna silana. Nonostante la protezione accordata dalla legge, diverse minacce sono sempre in agguato, per cui, l’attenzione deve necessariamente essere massima. L’uomo, non può non tener conto, delle comunità vegetali e animali che da epoche immemorabili, abitano quest’antichissima montagna, anche quando, non aveva ancora messo piede in tutti gli innumerevoli angoli di quest’immenso scrigno di biodiversità.

 Gianluca Congi © – www.gianlucacongi.it