Mercato del lavoro in Calabria (1995–2024): dinamiche, divergenze e fragilità strutturali
Osservare le dinamiche del mercato del lavoro è come comprendere l’evoluzione di un sistema economico. Analizzare la forza lavoro, chi trova occupazione e chi ne resta escluso significa cogliere aspetti cruciali della crescita economica, della coesione sociale e delle aspettative individuali. Nel caso della Calabria, questo esercizio assume un valore ancora più rilevante. Qui, più che altrove, le dinamiche occupazionali hanno riflesso – e in parte alimentato – una stagnazione di lungo periodo. Tra il 1995 e il 2024, mentre l’Italia ha vissuto fasi alterne, con segnali di crescita e di adattamento, i dati della Calabria raccontano una storia di distacco strutturale rispetto al resto del Paese, che non si è colmato nemmeno nelle fasi espansive. Sebbene molti dei contenuti illustrati in questa nota possano risultare familiari, soprattutto a chi studia o insegna materie economiche, l’osservazione di un periodo esteso consente di cogliere con maggiore chiarezza la direzione delle trasformazioni avvenute. Il confronto trentennale tra Calabria, Mezzogiorno, Centro-Nord e Italia aiuta a leggere in profondità le traiettorie divergenti che hanno caratterizzato il mercato del lavoro regionale.
Tre sono le domande guida: la Calabria ha recuperato o perso terreno? Ha seguito un’evoluzione simile o divergente rispetto al resto del Paese? E soprattutto: cosa ci dicono questi dati sulla possibilità, oggi, di immaginare uno sviluppo diverso?
La dinamica della popolazione in età lavorativa (15-64 anni)
Nel trentennio 1995–2024, la Calabria ha sperimentato una progressiva contrazione della popolazione in età lavorativa (15–64 anni), passando da oltre 1,296 milioni di individui nel 1995 a circa 1,163 milioni nel 2024. Si tratta di una perdita netta di circa 133.000 persone, pari a un calo di oltre il 10%, il più marcato tra tutte le macroaree italiane. Se confrontata con il resto del paese, in Calabria queste dinamiche sono particolarmente severe. Nel 2024 la popolazione in età lavorativa è diminuita del 4,2% in Italia, dell’1,6% nel Centro-Nord, ma dell’8,8% nel Mezzogiorno. La Calabria, con il suo -10,3%, si conferma come una delle regioni in cui la fragilità demografica si è espressa in modo più netto (Figura 1). Questo dato riflette una duplice fragilità: la prima è legata a dinamiche demografiche (progressivo invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite), mentre la seconda è associata ai saldi migratori negativi, in particolare di giovani e adulti in età da lavoro. Questa combinazione ha ridotto non solo il numero di potenziali partecipanti al mercato del lavoro, ma anche la qualità complessiva della forza lavoro, svuotando la regione di competenze e capitale umano. Sintesi finale: una lettura combinata degli indicatori
L’analisi congiunta dei principali indicatori del mercato del lavoro calabrese nel trentennio 1995–2024 restituisce un quadro di persistente fragilità strutturale. Nel 2024, la Calabria presenta un tasso di attività del 51,7% e un tasso di occupazione del 43,7%, valori che segnalano una scarsa inclusione della popolazione in età lavorativa nel circuito produttivo. Ciò implica che quasi la metà degli adulti tra i 15 e i 64 anni è inattiva, mentre tra chi è attivo, i disoccupati sono il 13,3%. Nel confronto nazionale, le distanze sono ampie e crescenti: nel Centro-Nord, il tasso di attività raggiunge il 73,1% e quello di occupazione il 69,1%, con un’incidenza dell’inattività decisamente inferiore. Questo divario non è solo quantitativo, ma qualitativo, e riflette una diversa capacità dei territori di attrarre, valorizzare e trattenere risorse umane. Particolarmente significativo è il dato relativo alla disoccupazione: il calo del tasso osservato tra il 2014 e il 2024 (dal 24,2% al 13,3%) è in larga parte dovuto alla contrazione della forza lavoro, più che alla creazione di nuovi posti di lavoro. In dieci anni, a fronte di appena 11.000 occupati in più, la forza lavoro si è ridotta di oltre 40.000 unità. È probabile, quindi, che parte dei disoccupati abbia abbandonato il mercato, determinando una riduzione del tasso senza che corrisponda un miglioramento delle condizioni economiche.
In estrema sintesi, la dinamica occupazionale calabrese segnala una fragilità strutturale del mercato del lavoro, incapace di assorbire la forza lavoro disponibile e soggetto a continui fenomeni di scoraggiamento degli “occupabili”. Il confronto con le altre aree del Paese conferma che non si tratta di una crisi ciclica, ma di una divergenza strutturale. In assenza di politiche mirate a rafforzare la base produttiva, creare nuove opportunità occupazionali, ridurre l’inattività e migliorare la qualità della domanda di lavoro, la Calabria rischia di consolidare ulteriormente il proprio ritardo. È necessario promuovere un cambiamento strutturale che favorisca lo sviluppo di settori ad elevata produttività, capaci di competere sui mercati globali delle merci e dei servizi. Solo una trasformazione profonda del modello di sviluppo potrà evitare che in Calabria si consolidi uno squilibrio territoriale persistente, con effetti cumulativi su crescita, coesione e sostenibilità sociale.