Senato Accademico dell’Università della Calabria
Il momento di forte tensione internazionale, l’inasprimento delle azioni militari in Medio Oriente e la perdurante crisi umanitaria nella Striscia di Gaza, chiamano in causa, anche sollecitate da un crescendo di manifestazioni e iniziative che hanno visto protagonisti tante studentesse e studenti, le Istituzioni universitarie e il loro ruolo. Un ruolo che deve saper esprimersi indipendentemente da ogni forma di potere e condizionamento, aspirando a promuovere la cultura della pace e del rispetto dei diritti umani, attraverso azioni e iniziative di formazione, di ricerca e di dialogo. In questa cornice e in conformità alle fonti internazionali che riconoscono la pace come un diritto fondamentale della persona e dei popoli, il Senato Accademico dell’Università della Calabria ritiene oggi di dover manifestare e ribadire, ancora una volta, la propria più ferma condanna verso qualsiasi forma di violazione dei diritti umani e di risoluzione armata delle controversie, sottolineando l’attualità delle previsioni costituzionali sancite dall’art. 11, secondo cui “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” e dall’art. 33, ove si dispone che “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”.
È, infatti, necessario che il mondo Accademico e l’intera comunità scientifica si adoperino attivamente per impedire alle coscienze di assuefarsi agli orrori della guerra e delle violenze che continuano a imperversare alle più diverse latitudini. Le Università sono un potente strumento di pace; valorizzano il pluralismo e l’indipendenza da ogni condizionamento e da ogni discriminazione di carattere ideologico, religioso, politico o economico, con particolare riguardo al pieno ed effettivo rispetto della vita e delle libertà di religione, di manifestazione del pensiero e di scienza. Ecco perché – all’unanimità – il Senato Accademico, in risposta alla richieste pervenute negli ultimi giorni, rileva da una parte che l’Università della Calabria non ha attivi accordi istituzionali di collaborazione con Università israeliane, né partecipazioni al bando MAECI, né azioni di placement, orientamento o mobilità riconducibili ad attori nel conflitto, ma ritiene d’altra parte importante evidenziare che le Università, proprio per interpretare al meglio il proprio ruolo, devono saper intrattenere relazioni, nel rispetto della libertà di ricerca scientifica e di didattica, con tutte le comunità scientifiche del mondo all’insegna del rispetto reciproco. Le Università sono, infatti, comunità aperte e plurali che non si possono ridurre ai governi dei loro Paesi; esse – ricordando le parole Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – rappresentano un reticolo di collaborazioni che, sempre di più, si realizza, si intreccia, si sviluppa al di sopra dei confini: “se si recide questo collegamento, questo prezioso scambio di riflessioni, di collaborazioni, di esperienze, non si aiutano i diritti, non si aiuta la libertà né la pace, ma si indebolisce la forza del dibattito, della critica, del dissenso”.
L’azione istituzionale dell’Università della Calabria è da sempre ispirata ai valori richiamati dal Presidente Mattarella, ai valori universali della tutela dei diritti umani, della pace, della democrazia, della libertà, dell’accoglienza delle diversità, della cooperazione e della solidarietà. L’Università della Calabria ha tradizionalmente sostenuto le comunità accademiche di tutto il mondo che vivono una situazione di rischio nei Paesi di origine e subiscono limitazioni e restrizioni nella ricerca e nell’insegnamento, promuovendo molteplici attività e concrete iniziative di supporto e di accoglienza per ricercatori e docenti universitari in fuga da teatri di guerra o da contesti privi della necessaria libertà. Di fronte al precipitare degli eventi, il Senato Accademico dell’Università della Calabria sente quindi di dover esprimere, nuovamente, il proprio dolore e la propria vicinanza e solidarietà a tutte le popolazioni la cui vita è stata sconvolta dalle barbarie della violenza e della guerra, facendosi anche promotore di una campagna di mobilitazione ed effettiva sensibilizzazione.
Sarà infatti necessario dare accoglienza, sostegno e solidarietà alle comunità accademiche che oggi vivono scenari di conflitto in Medio Oriente, in Ucraina e ovunque nel mondo, in linea con i principi che l’Ateneo esprime e che di recente hanno già portato all’introduzione di borse di studio e di ricerca o forme di esonero dai contributi studenteschi a favore di rifugiati e profughi di guerra. Sarà importante incoraggiare lo sviluppo di linee di ricerca per la trasformazione non violenta dei conflitti; programmare nel Campus eventi sui temi della pace finalizzati a un costruttivo confronto critico garantendo, in forma pacifica e non violenta, la pluralità dell’offerta culturale in Ateneo; esortare la comunità accademica a impiegare la ricerca scientifica e i suoi risultati come strumento per la pace in grado di garantire il benessere di tutte le persone.
Auspicando la strada del confronto dialettico mirato a costruire un modello di pacifica convivenza tra i popoli, l’Università della Calabria saprà interpretare responsabilmente il proprio ruolo nella comunità accademica internazionale, per sensibilizzare le coscienze sulla necessità di porre fine all’isolamento della Striscia di Gaza, per far cessare le operazioni militari in Medio Oriente in accordo con la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu del 25 marzo 2024, e in tutte le zone di guerra, attraverso azioni volte a recuperare gli strumenti della politica e della diplomazia, che favoriscano il dialogo e una prospettiva di pace duratura fondata sul pluralismo religioso e sul rispetto dei diritti umani internazionalmente riconosciuti.
Approvato all’unanimità dai componenti del Senato Accademico dell’Università della Calabria
“In questi giorni il senato accademico dell’Unical ha emanato una nota, approvata all’unanimità, in risposta al nostro appello per la sospensione della cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra le università e i centri di ricerca italiani e israeliani per rischio di dual use e violazione del diritto internazionale e umanitario.
Ci sembra doveroso condividerla e commentarla pubblicamente, con la finalità di animare un dibattito serio sul tema che miri a coinvolgere l’intera comunità universitaria, in un periodo di allargamento globale dei conflitti e di proseguimento dell’attacco genocida ai danni del popolo palestinese e Gaza.
Vogliamo innanzitutto specificare che la nota in questione ci è stata trasmessa dopo diversi tentativi di dialogo e confronto diretto col rettore Nicola Leone, che è risultato più volte indisponibile a un incontro con gli studenti, affidandosi spesso alla mediazione della Digos e impedendoci di partecipare all’ultima seduta del senato. È possibile gestire in questo modo il confronto con gli studenti? Il Magnifico Leone vuole passare forse alla storia come il rettore più intangibile della storia dell’Unical?
Entrando nel merito della nota, risalta innanzitutto come questa non si discosti molto da quella emanata a novembre, sempre in risposta a un nostro appello che chiedeva una presa di posizione pubblica di condanna al genocidio a Gaza. Eppure, riconosciamo qualche avanzamento; si fa riferimento più nello specifico alla “perdurante crisi umanitaria nella Striscia di Gaza”, si riconosce il protagonismo degli studenti nel sollecitare, attraverso la mobilitazione, il posizionamento pacifico degli atenei, di cui si riconosce, inoltre, il ruolo centrale. Tuttavia, non possiamo non notare che, nel pratico, la dichiarazione si risolva in un nulla di fatto. In merito alle nostre richieste di rottura degli accordi con le università israeliane complici del genocidio e le aziende della guerra, l’Unical risponde infatti negativamente, rivendicando che il ruolo delle università sia quello di intraprendere relazioni internazionali con tutte le comunità scientifiche, si potrebbe aggiungere: senza alcun dubbio e limitazione in tal senso. Appellandosi al principio di libertà di ricerca, si glissa sugli accordi con l’industria bellica (come Leonardo s.p.a. ecc.), si rifiuta qualsiasi richiesta di rottura con gli enti di ricerca israeliani. Ci domandiamo, ancora una volta: com’è possibile garantire la libertà di ricerca quando ci si lega istituzionalmente a università che non si sono mai dissociate dall’azione del governo e
che contribuiscono praticamente alla produzione di tecniche, saperi e conoscenze con fini genocidari? Non è limitante rispetto alla libertà di ricerca il legame con l’industria bellica, che da una parte orienta in un solo senso la finalità di studio e dall’altra limita, di fatto, la possibilità di esprimersi criticamente rispetto alle stesse?
Proseguendo nel commento della nota; l’Unical nega che ci sia in essere qualsiasi tipo di rapporto con aziende produttrici di armi. Così come sappiamo, per via informale, che tanti sono i progetti che legano i nostri ricercatori e studenti in materie tecnico-scientifiche ad aziende invischiate nel comparto bellico, sotto la facciata di progetti in ambiti apparentemente neutrali. In conclusione, incalziamo ancora una volta la governance d’Ateneo con le seguenti domande: come l’università pensa concretamente di porsi rispetto alla questione degli accordi? Se si è, come si dichiara, a sostegno della pace, non potrebbe dichiarare, come nel caso della Normale di Pisa, di vigilare sui prossimi accordi? Questo renderebbe concreta e chiara la posizione dell’Unical, impedendo ancora una volta che la complicità limiti la libertà di ricerca e orienti quest’ultima agli scopi di guerra, in un contesto che ci richiama a segnali forti di responsabilità. Ci appelliamo, infine, al rettore, perché si renda disponibile a un incontro pubblico di confronto sull’indirizzo etico e pacifico del sapere sviluppato nel nostro ateneo, rispondendo chiaramente alle nostre domande e dando un segnale democratico di apertura e ascolto nei confronti gli studenti e la comunità accademica tutta”!