Un’epopea della nostra terra, un inno all’ amore in tutte le sue manifestazioni.
L.Lucente

Dopo un tour in lungo e largo per l’Italia, giorno 27 c.m, alle ore 18, Carmine Abate sarà in Calabria, a Cz Lido, presso la libreria Ubik , per presentare la nuova fatica letteraria: “Un paese felice”.
Il romanzo raffigura l’immagine di un’Italia, ormai in preda al delirio del boom economico e alle crisi politiche e sociali. Racconta, altresì, una travolgente storia di amore, che trova in Eranova, tra l’ azzurro del suo mare, il bronzeo degli ulivi e il giallo intenso degli agrumi, l’ habitat ideale. Intorno ai due giovani, Lina e Lorenzo, che coltivano l’ utopia di poter salvare il paese, scrivendo lettere ai potenti (presidente della repubblica, Andreotti, Pasolini, )una moltitudine di persone, animate da un profondo amore per la propria terra, nella quale hanno investito i sacrifici di una vita e pervase dall’ orgoglio degli antenati, che si erano liberati dal giogo del signorotto di San Ferdinando, creando un nuovo borgo, non a caso, chiamato Eranova. Tra essi spiccano il nonno Cenzo, che , tipo il sarto di manzoniana memoria, è il saggio del paese, con la dolce consorte, il pescatore Petraro, originario di Vulcano, introverso e taciturno, ma dall’ animo magnanimo e il piccolo Turuzzo, precocemente “ innamorato” di Lina ed in competizione con Lorenzo.
Il sogno è infranto dalla volontà politica perversa di creare un centro siderurgico, in un periodo di crisi del settore, in effetti mai portato a compimento.
Al tema principale se ne aggiungono altri: l’emigrazione, spettro costante nella vita dell’autore, per aver coinvolto, durante la fanciullezza, il padre adorato; il folklore e le tradizioni, non ultima le arti culinarie, della nostra splendida terra. Il tutto sullo sfondo di quella storia che dovrebbe essere e, sovente non è, “magistra vitae”.
Il testo può idealmente essere diviso in due parti, antitetiche tra loro: la prima, pervasa da un’ atmosfera idilliaca e speranzosa; la seconda di cupa rassegnazione, allorquando tutti gli sforzi si rivelano inutili e il rumore assordante delle ruspe e la polvere e il deserto invadono la già ridente contrada.
Come nelle altre opere, anzi, forse più che nelle altre, il romanzo è ricco di quei termini dialettali, che rendono la narrazione viva e palpitante. Un plauso e un grazie al nostro Carmine Abate, che, a differenza di tanti , si rivela, da sempre, orgoglioso delle proprie radici e ad esse rimane profondamente ancorato.