“. . . Quando comincia l’inverno, il fumo e la nebbia si confondono. Di giorno, i contorni sfumano sullo sfondo verde intenso del paesaggio e sul grigio dell’imbrunire; di notte, si perdono perché non si vede a un palmo dal naso […]. Piove molto d’inverno […] e le nuvole capricciose sembrano ostinarsi a ignorare gli aneliti mortali.”

Nel 1924 il fascismo era un fatto politicamente, socialmente e culturalmente legittimato; l’anno successivo, dopo l’uccisione di Matteotti, si sarebbe consolidato come una vera e propria dittatura.

In questo contesto storico, il piccolo centro silano di San Giovanni in Fiore, sorto sul pendio del Montenero, fondato dal “Calavrese abate Giovacchino, di spirito profetico dotato”, costituiva un avamposto di resistenza al dilagare del regime dittatoriale.

Probabilmente le foreste dei faggi, cattedrali gotiche naturali, ne custodivano il libero pensiero che, racchiuso nei confini naturali del massiccio montuoso della Sila, lo elevava, almeno fino ai tragici fatti del 1925, quando cinque persone rimasero uccise per mano dei carabinieri della milizia fascista, a roccaforte di socialismo.

Così doveva apparire agli occhi di chi giungeva, per qualche ragione, sulle alture di quello che era stato un importante centro monastico, formatosi attorno all’abbazia Florense. San Giovanni in Fiore, in questo contesto storico, si trovava al centro di quella progettualità di elettrificazione dell’intero Mezzogiorno, trovando nell’altipiano silano un ampio campo di sperimentazione.

E così, la costruzione di dighe idroelettriche capaci di sfruttare le potenzialità idriche della Sila, portò in questo isolato abitato, esperti delle grandi società elettriche del capitalismo industriale del Nord.

Dalla Lombardia arrivò anche Angelo Boninsegna, forse legato all’ingegnere lombardo Angelo Omodeo che si occupò della progettazione di gran parte degli impianti idroelettrici in Italia, ma di certo operava nella Società Meridionale di Elettricità, guidata dall’industriale napoletano Maurizio Capuano.

Angelo Boninsegna non arrivò da solo, ma con la moglie, Sofia Guardigli, imparentata con la storica e nobile famiglia riminese dei Guardigli Bagli. Non si hanno notizie certe sulla data esatta del suo arrivo, di sicuro sappiamo che proprio a San Giovanni in Fiore, il 25 gennaio 1924, così come riporta il registro delle nascite, nacque la figlia, Rosetta Boninsegna; così che la vita di questa donna incrocia, anche se per poco, la storia di un luogo ancora legato al latifondo e a consuetudini feudali.