Trent’anni rappresentano un orizzonte temporale sufficientemente ampio per valutare l’evoluzione strutturale di un sistema economico. Utilizzando dati macroeconomici a partire dal 1995, è possibile cogliere non solo gli effetti di lungo periodo dei mutamenti demografici e produttivi, ma anche la capacità dell’economia calabrese di reagire agli shock esogeni e ai cambiamenti del contesto nazionale. In questa prospettiva, il posizionamento della Calabria rispetto al Mezzogiorno, al Centro-Nord e all’Italia offre una chiave di lettura utile per comprendere meglio la natura e la persistenza dei ritardi che caratterizzano il modello di sviluppo dell’economia calabrese.

1 PIL pro capite: la sintesi del divario

Il PIL pro capite rappresenta una sintesi delle dinamiche demografiche e della capacità di generare valore economico. Nel 2023, il reddito per abitante a prezzi costanti 2015 si attesta in Calabria a 17.235 euro, in aumento rispetto ai 15.435 euro del 1995. La variazione, pari all’11,7%, è più bassa di quella del Centro-Nord (+14%) e con la media nazionale (+14,9%). Anche il Mezzogiorno, con un incremento dell’11,3% (da 17.814 a 19.824 euro), mantiene un livello di reddito pro capite più elevato di quello calabrese. Il PIL pro capite si può scomporre nel prodotto tra il tasso di occupazione e la produttività del lavoro (produzione per occupato). In Calabria, entrambi questi fattori hanno mostrato segnali di debolezza lungo tutto il trentennio: il tasso di occupazione è rimasto sistematicamente inferiore rispetto alle altre macroaree e la produttività ha registrato un andamento altalenante, spesso sostenuto da una riduzione del numero di occupati più che da una reale crescita della produzione.